martedì 22 aprile 2025

SCINTILLE DI RIVOLUZIONE

 


"Non si è uomini se non si è passato

 almeno un giorno in prigione"

Benito Mussolini

 

2022, ottobre, 28

Scorre il tempo e siamo già all'anniversario della "rivoluzione": la sola rivoluzione avvenuta nei tempi moderni in Italia: la rivoluzione delle camicie nere di Benito Mussolini.

28 ottobre 1922: cento anni dopo avrei voluto dedicare molte novità librarie delle Edizioni della Lanterna a questo magico centenario, ma non mi è stato possibile: lo Stato "democratico", figlio bastardo della restaurazione antifascista del 1945, ha deciso altrimenti e ha stabilito di gettarmi in galera con decreti di arresto illegali, reo di "lesa maestà giudiziaria" e di ribellione alle autorità dell'Italia , colonia del potere internazionale di usura.

Dal fondo di questa cella non posso pubblicare i tanti libri che, con l'aiuto di valenti collaboratori , avevo raccolto per ricordare l'evento rivoluzionario, quello che aveva fatto dire a Lenin: "in Italia c'è solo un rivoluzionario: Benito Mussolini". Purtroppo queste pubblicazioni sono rinviate al prossimo anno, ma una segnalazione libraria ai lettori della "Lanterna" voglio riservarla.

Vi propongo la rilettura del "Diario 1922" di Italo Balbo, del quale ho curato una seconda edizione poche settimane prima di finire in galera. uno dei libri più letti delle nostre Edizioni, riedito aumentato di una nuova introduzione, con tutte le fotografie della prima edizione, i fogli d'ordine e le schede geografiche dei preparativi della "marcia".

Italo Balbo non ha bisogno di presentazioni. Questo libro "folgorante" che ho riletto in queste notti, mentre fuori dalla finestra brillava la luna di settembre resa "a scacchi" dalle sbarre della cella a ricordarmi che sono prigioniero dell'Italia Repubblica "democratica", non cessa di affascinarmi. E' un libro di azione: se Mussolini fu lo stratega della rivoluzione vincente, Italo Balbo fu il fabbro che forgiò l'animo di acciaio delle legioni delle camicie nere; oltre a potenziare le capacità militari e di incursione. Le "squadre" della rivoluzione furono le prime milizie di "soldati politici" integrali, votate alla lotta e alla vittoria.

L'attualità modernissima di questa esperienza storica è lampante e può dare insegnamento a chiunque abbia ingaggiato battaglia al regime mondialista attuale.

Ma di queste pagine coinvolgenti ho voluto selezionare alcuni passaggi al fulmicotone, che definisco "scintille di rivoluzione", scintille che hanno fatto deflagrare l'incendio di un regime in putrida decadenza. Sono scintille che accendono l'animo di ogni rivoluzionario, di ogni tempo e temperie. Oggi sono vitali perché il potere transnazionale vuole spegnere nelle giovani generazioni ogni anelito guerriero.

Ora vi lascio alla lettura di queste pagine che parlano di una rivoluzione che l'ambasciatore americano a Roma , R. Child, così descrisse in un dispaccio a Washington: "in Italia sta avvenendo una rivoluzione giovane, che a me piace molto".

A cento anni di distanza, si può ancora concordare con questo giudizio. La parola, ora, a Italo Balbo.




"Ragazzi tutti: dai ventidue ai venticinque anni; nel 19-20 il sottoscritto ne aveva precisamente 23-24. Quando si congedò, quasi contemporaneamente, dalla caserma e dall'università, non portò con sé che il suo pugnale di ardito e un tascapane di bombe a mano, trafugate in un deposito dove erano state abbandonate all'acqua, oggetti in disuso. Avevo avuto cura di scegliere quelle asciutte. Erano un cimelio della guerra passata, ma potevano diventare l'arma della guerra futura. Quale? La guerra dei giovani".

"Io non ero, in sostanza, nel 1919-1920, che uno dei tanti: uno dei quattro milioni di reduci dalle trincee: partito per la guerra diciottenne, già orientato, come i tre quarti dei ragazzi di allora, verso le idee dell'estrema sinistra, interventista per ideali di giustizia umana e niente affatto per motivi di nazionalismo conservatore o "destro", come allora si diceva.

Un figlio del secolo che ci aveva fatti tutti democratici, anticlericali e repubblicaneggianti: anti-austriaci e irredentisti esasperati in odio all'absburgo tiranno, bigotto e forcaiolo; adoratori, con le lagrime agli occhi, di un'Italia carducciana".

"Davanti all'ideale conquista dello Stato, nessuna borghese ipocrisia e nessun sentimentalismo: l'azione rude e aspra, condotta a fondo, a qualunque costo".

"Feci nel settembre, il primo esperimento grandioso: la mobilitazione di 3000 uomini, la marcia su Ravenna. Per la prima volta il fascismo metteva al suo attivo una impresa di così grande portata. [...] fece in questa occasione la sua grande prima comparsa, come divisa militare, la camicia nera, che era il costume ordinario del lavoratore di Romagna e che diventò la divisa del soldato della rivoluzione".

"Noi non abbiamo che un destino solo: svalutare nel ridicolo, fino all'assurdo, lo Stato che ci governa. Il regime attuale è il nostro obiettivo di battaglia. Vogliamo distruggerlo con tutte le sue venerande istituzioni. Più scandalo nasce dalla nostra azione, più siamo contenti. Il "me ne frego" dice anche che la nostra battaglia è gaia. Ci divertiamo a confondere le idee nella testa dei santoni della democrazia. E combattendo con le rivoltelle e con le bombe non siamo educati, una rivoluzione "bene educata" non fa per noi".

"Questa notte le squadre hanno proceduto alla distruzione dei vasti locali della confederazione provinciale delle cooperative socialiste. Non vi era altra risposta da dare all'attentato compiuto ieri a Meriano e all'assassinio di Clearco Montanari. Come al solito, l'azione fascista è giunta di sorpresa. Il vecchio palazzo, che fu sede dell'Hotel Byron ed era la roccaforte delle leghe rosse è completamente distrutto. I fascisti non procedono a operazioni di questo genere se non per motivi di assoluta necessità politica. Purtroppo la lotta civile non ha mezzi termini. Noi giochiamo la vita tutti i giorni. Nessun interesse personale ci spinge. [...] L'incendio del grande edificio proiettava sinistri bagliori nella notte. Tutta la città ne era illuminata. Dobbiamo oltre a tutto dare agli avversari il senso del terrore. Non si uccidono impunemente i fascisti".

"Qui si impegna battaglia più forte. L'impeto dei fascisti travolge ogni resistenza. Altri circoli incendiati per tutta la città. Decido allora una più vasta azione. Vado dal questore mentre Dino Grandi trattiene i fascisti che intanto si sono radunati a migliaia nei pressi del borgo. Gli annuncio che avrei bruciato e distrutto tutte le case dei socialisti di Ravenna se entro mezz'ora non mi dava in consegna i mezzi necessari per portare i fascisti altrove. E' un momento drammatico. Esigo un'intera colonna di camion".

"Questa marcia iniziata alle undici di ieri mattina 29, è terminata stamani 30. Quasi 24 ore continuate ho riposato un momento nè toccato cibo. Siamo passati da Rimini, Sant'Arcangelo, Savignano, Cesena, Bertinoro, per tutti i centri e le ville tra le province di Forlì e Ravenna, distruggendo e incendiando tutte le case rosse, sedi di organizzazioni socialiste e comuniste. E' stata una notte terribile. Il nostro passaggio era segnato da alte colonne di fuoco e fumo".

"La destra: ecco un termine che i fascisti comprendono poco. C'è da giurare che essi siano a loro volta poco compresi dalla destra medesima".

26 ottobre 1922: Roma, alla viglia della "marcia".

"Ho convocato in piazza San Claudio, presso la direzione del partito, le squadre degli arditi ai quali spetterà il compito dell'azione terrorista nel caso di una difesa ad oltranza delle forze del regime dentro la capitale. Sono 250 divisi in 25 squadre. Nessuno è informato dei loro nomi e dei loro compiti. Neppure i dirigenti del Fascio Romano. Sono armati di bombe e spezzoni e hanno a loro disposizione ben quattro lanciafiamme. Dovranno attaccare, se sarà necessario, i centri vitali della resistenza governativa a cominciare dal palazzo Viminale. Il loro intervento dovrà essere assolutamente inaspettato e fulmineo, gettare il disordine e la paura nei gradi alti e bassi degli uffici statali, rendere difficile e pericolosa, insomma, la vita del governo a Roma".

Questa è "Rivoluzione".

"Rivoluzione” : una necessità permanente, con essa possiamo solo perdere le catene che ci soffocano.

 

(segnalazione culturale ad opera di Edoardo Longo,

editore della  Lanterna, incarcerato per “ lesa maestà giudiziaria”)

 

 

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