Francesco Giunta fu il
capo indiscusso del fascismo triestino. Di formazione patriottica e volontario
nell'impresa di Fiume guidata da d'Annunzio, riversò la sua formazione
ideologica nell'impostare il Fascio di Trieste, trovando, per il vero, un
terreno particolarmente fertile e recettivo. Dall' impresa fiumana trasse lo
spirito per il beau geste eclatante e che estasiasse le masse,
nonché la convinzione, che già era di d' Annunzio, che Trieste fosse il perno
non solo dell' azione nazionale verso Fiume, ma anche della identità della
patria italiana stessa. Nasce quindi un Fascio che rivolge la sua azione
politica non solo verso i nemici " interni " della nazione, ma in
particolare verso i nemici " esterni", cioè verso quelle pressioni di
etnie e stati che premevano su Trieste e su tutto il confine orientale italiano
. La peculiarità del Fascio triestino ne fa a tutti gli effetti una
prosecuzione ininterrotta dell'azione risorgimentale fino ad oltre la prima
guerra mondiale. Questo Diario politico - ristampato oggi integralmente dopo 80
anni - che va dal 6 dicembre 1920 fino alla marcia su Roma, cesella le
caratteristiche ideologiche del fascismo triestino. E non solo ideologiche, ma
anche in termini di " prassi squadrista", il cui perno è il famoso
incendio dell' hotel Balkan, centro ideologico e deposito di armi della
sovversione anti italiana di matrice slovena, non rassegnata alla sconfitta
bellica del 1918. Incendio che per Giunta fu "l'inizio della nostra
campagna elettorale" e che Benito Mussolini definì in uno storico discorso
a Trieste come "il capolavoro dello squadrismo triestino". Evento
cruciale che la storiografia attuale a senso unico presenta sganciato dalla
contestualità del tempo che viene invece esaminato in ogni dettaglio storico
dal ricercatore Giacinto Reale nello studio pubblicato in appendice e che
evidenzia come la reale responsabilità fascista nell'incendio va ampiamente
ridimensionata.
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