Due deflagrazioni
potentissime sono esplose nella campagna veronese nei giorni scorsi : la prima
, quelli dei tre disgraziati fratelli, morsi dalla disperazione , che hanno
fatto esplodere la loro casa-fattoria circondata dai militari dello stato
italiano e- poco dopo, in rapida successione – la deflagrazione dell’ ira fremente dei vertici istituzionali per i fatti successi. Della
prima tutti ne conoscono la dinamica, sulla seconda invece, ora che se ne sono
dissipati in parte i fumi , conviene svolgere qualche riflessione. Sacra Mummia
presidenziale, capi del governo, ministri, porta-borse, media, lutto nazionale di tre giorni, indagini per
strage, funerali di Stato, tutti indignati per i morti e i feriti del “Verona bombing
“, per usare una espressione all’ americana ? In parte, ma solo in parte. In minima parte. La
seconda esplosione ha soprattutto il fine di impedire una analisi seria sulle cause del fenomeno, ha il fine di
non far ragionare, perché la vicenda espone tanti profili che sono un’ onta nei
confronti dello Stato e del sistema. Stupisce però che molte persone non si siano fatte ottenebrare il cervello e
affiorino così le riflessioni giuste sulle vicenda. Faccio mie le analisi di Luca
Andrea Marinelli, perché le condivido
integralmente :
“Uno stato che espropria i beni dei suoi
cittadini per conto delle banche non è degno di esistere. La resistenza dei
contadini veneti ha un che di eroico, sembra rappresentare la rivolta del
popolo contro un tiranno avido e prepotente. Certamente, come capita spesso, le
azioni superano di molto la personalità di chi le ha compiute, ma l'importante
è vederne il significato simbolico e qui abbiamo due mondi diventati
incompatibili, quello della speculazione sulla pelle delle persone, fatta con
il calcolo degli interessi e delle sanzioni e quello contadino, dove una volta
i patti si siglavano semplicemente con una stretta di mano. Anche l'assalto al
casale, richiama film come Rambo o Leon, dove l'individuo che vive ai margini
della società vuole soltanto essere lasciato in pace e reagisce ai soprusi
della polizia. Vedremo questa storia come andrà a finire, non mi sorprenderei
se comunicassero tra qualche giorno la morte della signora Ramponi, perché
annunciata a caldo indignerebbe la popolazione, e l'emozione sarebbe molto
maggiore di quella della morte dei tre carabinieri “.
Le mani dei tribunali
grondano sangue.
La famiglia Ramponi,
agricoltori e allevatori, versava in estrema difficoltà economica a causa di un
mutuo con firme false e debiti gonfiati, situazione che aveva già portato alla
perdita di terreni e aziende .L’anno precedente, dopo minacce simili, lo
sgombero era stato sospeso. Nel 2025, nonostante il rischio evidente, il
tribunale ha deciso di procedere, ordinando l’ingresso delle forze dell’ordine
durante le ore notturne.
Questa tragedia non può
essere ridotta a un crimine isolato dei fratelli Ramponi. L’invio dei
carabinieri in una situazione ad alto rischio rivela un problema strutturale:
le pressioni esterne sulle istituzioni hanno condizionato le decisioni
giudiziarie e operative. La responsabilità della morte dei tre militari non è
solo dei fratelli Ramponi, ma anche di chi ha esercitato pressioni su
tribunali, comune e comando dei carabinieri, affinché lo sgombero fosse
eseguito rapidamente, senza le necessarie precauzioni.
Ma chi esercita questo
tipo di pressione?
Banche, istituti di credito e grandi interessi economici, capaci di accedere alle "sale del potere" e far valere le proprie pretese. È plausibile che la banca che aveva concesso il mutuo e gestito la pratica fosse interessata a liberarsi dei Ramponi e ottenere il controllo della proprietà. In questo scenario, direttori e funzionari potrebbero aver agito per interesse personale, accelerando la procedura di sgombero a scapito della sicurezza dei cittadini e dei militari.
Il meccanismo è molto
semplice e io l’ ho visto all’ opera molte volte nei tribunali perché dietro vi
è canovaccio operativo degli strozzini ben consolidato : vi è un lavoratore, contadino, artigiano,
piccolo la voratore autonomo, in crisi economica e che si rivolge agli strozzini degli istituti di credito
bancari . Non riesce a pagare il prestito nei termini. La banca è garantita da
una ipoteca sulla casa o sul laboratorio o sulla fattoria della sua vittima.
Questo bene immobile fa gola agli sciacalli bancari. Il debitore è solo un povero
lavoratore in difficoltà e non ha “ santi in paradiso”, né è collegato ad ambienti
di potere, politici o massonici o istituzionali
che siano : nessun parente in loggia, o nella pubblica amministrazione , in
qualche partito di maneggioni o nel mondo giudiziario. E’ il soggetto debole,
anzi debolissimo, perfetto per accanirsi contro di lui e spolparlo indisturbati fino all’
osso. Parte così l’ azione esecutiva , come la chiama anche il codice processuale in modo macabro : il credito originario viene moltiplicato da oneri vari,
interessi, anatocismi ben oltre il limite dell’ usura, da feroci parcelle degli avvocati delle banca, da
oneri di consulenti del tribunale e
perizie varie, indennità giudiziarie di vario tipo a pioggia, ricarichi a josa, indennità a ufficiali giudiziari, rimborsi al Foglio Annunci Legali e chi più ne ha , più ne metta. Tanto il poveraccio non può difendersi,
non ha avvocato, o se lo ha è il classico tenerone che non combatte e si limita a conteggiare la sua parcella che finirà maramaldescamente nel mucchio vertiginoso di quelle della Banka. Che
può fare il malcapitato , triturato da questa compagnia di jene e sciacalli ? Al massimo, una
denuncia penale che nessun pubblico ministero prenderà mai in considerazione e
che verrà pure archiviata con disprezzo quando il malcapitato sarà stato
spolpato fino all’ osso dalle banche e dalla loro corte di parassiti giudiziari. Alla fine, il debito iniziale sarà cresciuto di cinque, sette, dieci volte. L' impegno della banca è solo quello di moltiplicare il proprio credito al massimo, per rubare l’
immobile e non fa sforzo alcuno per trovare altra soluzione che sia conciliativa . Tutti uniti per spolpare
il poveraccio che è socialmente fragile e in balia di ogni appetito.
Il risultato è un
meccanismo drammaticamente lineare e perverso : il tribunale impone lo
sgombero, le forze dell' ordine ricevono l’ordine, che va eseguito, spesso senza poter
valutare pienamente i rischi. E tutti i
responsabili di questa operazione , dalla Banca in giù, passando per la struttura giudiziaria, si sentono perfettamente innocenti perché hanno solo
compiuto il dovere del loro lavoro e ufficio, facendo finta di non
sapere di essere ingranaggi di una
macchina divoratrice perversa. Tanto, se rallentano il loro reciproco operare in obiettiva
sinergia, non mancano neppure le dazioni
ambientali in ambito giudiziario, per giungere all’ obiettivo finale : portar via la casa alla vittima, pagandola
un decimo del suo valore e dopo aver fatto lievitare di dieci volte il credito
per impedire ogni soluzione diversa e garantirsi il pignoramento. Hai un debito di cinquantamila euro ? Te lo fanno
lievitare, con la complicità della magistratura, fino a quattrocento/ottocentomila euro , a quel punto boccheggi, non puoi pagare più neanche volendo, ti rubano la casa e se la acquisiscono fra compari a prezzo di favore ad asta libera al
valore di poche migliaia di euro, al massimo, realizzando un profitto indecente sulla tua pelle Loro ingrassano con il tuo sangue e tu puoi morire sul
bordo di un marciapiedi. Senza disturbare, però. In nome della repubblica italiana e della sua strana legalità.
Dietro questa vicenda si
cela un problema più ampio: il diritto alla prima casa, sancito dalla
Costituzione italiana, viene sistematicamente sacrificato per tutelare il
capitale. Nessuno dovrebbe rischiare di perdere la propria abitazione, nemmeno
in difficoltà economiche. Dalla crisi del 2008, i pignoramenti sono aumentati
in modo esponenziale, lasciando centinaia di migliaia di famiglie nella
disperazione. Secondo dati ISTAT, tra il 2008 e il 2009 si registrarono 7,4
suicidi ogni 100.000 abitanti, molti legati a difficoltà economiche e
indebitamento.
La vicenda dei Ramponi è
un esempio estremo di come il diritto possa trasformarsi in strumento di
oppressione. Chi dovrebbe finire sotto processo non sono i cittadini in
difficoltà, ma le banche, gli enti di credito e i professionisti che hanno
contribuito a creare debiti ingiusti e hanno esercitato pressioni sulle
istituzioni. In questa vicenda, lo Stato e la magistratura hanno agito come
esecutori di interessi economici, non come garanti della vita e della sicurezza
dei cittadini. Il caso di Castel d’Azzano è una tragedia annunciata e una
denuncia sociale: un paese che permette che cittadini finiscano in disperazione
estrema, fino a mettere a rischio la vita propria e quella dei militari
incaricati di applicare la legge, la strana legge italica, ha perso il senso dell’umanità.
Qui in Veneto in molti si
sono suicidati quando hanno sentito sul collo il fiato mortifero delle banche, piuttosto
che morire di fame sulla strada. Qualcuno
ha reagito, come Luciano Franceschi, indipendentista veneto, che ha preferito il carcere, ma non ha rinunciato all' Onore, ed è andato a
scaricare un revolver addosso al direttore di banca che aveva attivato nei suoi
confronti il protocollo assassino per portargli via la casa. E
infatti, il povero Franceschi è morto prima che la sua condanna penale fosse finita.
Merita di essere conosciuta la sua vicenda attraverso i suoi libri, fra cui
ricordiamo c’ è anche una consulenza tecnica sullo strozzinaggio bancario
in Italia che ho fatto redigere in occasione del processo al povero
Franceschi.
Si. Le mani dei tribunali
grondano sangue : del sangue di tutti quelli che sono morti o hanno conosciuto
la miseria e la disperazione a causa della licenza di uccidere che hanno
conferito alle banche ed agli usurai. Come diceva il grande poeta Ezra Pound, sotto
il dominio di Usura nessuno può vivere.
Avvocato Edoardo Longo
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